Confrontarsi per diffondere cultura, logica ed equilibrio (anche in rispetto a dove e come si vive per trarne il meglio) non vuol dire portare ad esempio "io faccio" "io sono"...
Vuol dire ragionare su dati scientifici, il più vasto e prestigioso possibile e che chiaramente possono essere in divenire.
Quindi applicarli...misurando e personalizzando.
Vuol dire avere mente aperta e non difendere a spada tratta quel che si fa personalmente.
Ed astenetevi da chi non studia e da chi non misura e non si applica tutti i giorni per cercare di fare il meglio per i suoi clienti o allievi...ma è solo un teorico di se stesso.
(S.Zambelli)

Pagine

Per altre informazioni e curiosità sull'alimentazione, l'allenamento, la riabilitazione e la naturopatia, potete andare su riccardodaprettopersonaltrainer.blogspot.it

"MANGIARE E' UNA NECESSITÀ. MANGIARE INTELLIGENTEMENTE E' UN' ARTE" (F.DeLaRochefoucald)

"MANGIARE E' UNA NECESSITÀ. MANGIARE INTELLIGENTEMENTE E' UN' ARTE" (F.DeLaRochefoucald)
"CHI NON BADA A CIÒ CHE MANGIA DIFFICILMENTE BADERÀ A QUALSIASI ALTRA COSA" (S.Johnson)

martedì 6 gennaio 2015

Qualcosa sugli ANTIOSSIDANTI

Senza addentrarmi in lunghe e noiose spiegazioni biochimiche, vi posso dire che gli antiossidanti sono un tipo speciale di vitamine e di altri composti non vitaminici che neutralizzano i radicali liberi. 
Certi antiossidanti sono nutrienti essenziali e altri no.
I radicali liberi sono come schegge che danneggiano il nostro organismo.

Le patologie legate ai radicali liberi sono state coinvolte in molte malattie, come il cancro, l'arteriosclerosi, le carenze del sistema immunitario ed il diabete. Ma, cosa ancora più importante, i radicali liberi provocano infiammazioni, danneggiano le fibre muscolari, le affaticano e provocano seri danni al sistema immunitario. 

Il danno che causano è la fonte maggiore del continuo dolore muscolare e della debolezza che si avvertite nei giorni successivi ad un allenamento pesante.



L'esercizio fisico intenso provoca un aumento impressionante dei radicali liberi, con una riduzione simultanea dei sistemi antiossidanti all'interno dell'organismo che li combattono.

L'attacco dei radicali liberi non finisce quando si smette di allenarsi, ma essi continuano a danneggiare il fisico anche nei giorni seguenti. 
Se non vengono presto controllati, i radicali liberi portano al consumo del tessuto muscolare, riducono la forza e possono provocare molti altri problemi.
Gli antiossidanti non sono così famosi, e non ottengono tutte quelle attenzioni dovute, ma vi posso assicurare che sono sostanze importantissime per mantenere la salute ed i progressi ottenuti con l'allenamento.


Nessuno ha mai vinto per aver semplicemente aggiunto gli antiossidanti alla sua alimentazione, ma alla lunga, queste sostanze vi aiuteranno a costruire un fisico migliore, a recuperare meglio gli allenamenti intensi e a migliorare le difese immunitarie. 

Il programma antiossidante è altamente individuale e deve tenere conto di molti fattori: la durata degli allenamenti, la sua intensità, l'età e il grasso corporeo. Più ci si allena più si ha bisogno di antiossidanti. Più grasso corporeo si ha ,al di sopra del 10% nei maschi e del 15% nelle donne, maggiore è il bisogno di antiossidanti. E maggiore è l'età al di sopra dei 30 anni, e più se ne ha bisogno.

Gli antiossidanti per eccellenza sono rappresentati dalle vitamine E e C, dal selenio, dalla N-acetilcisteina (NAC), dalla proantocianidina (deriva dagli estratti dei semi dell'uva), dal coenzima Q10 e dai vari bioflavonoidi.

Si possono trovare in appositi integratori e sono vivamente consigliati per le persone che si allenano intensamente, sempre se si vuole prevenire gli infortuni e preservare il tessuto muscolare!

I minerali

Anche i minerali rivestono un ruolo fondamentale per il giusto funzionamento del nostro organismo.Possono essere classificati in 2 categorie:

- minerali presenti in quantità significative nei depositi organici: sodio, potassio, calcio, magnesio e fosforo;
- i minerali-traccia, di cui è nota l'azione biologica sull'uomo con fattori enzimatici: ferro, zinco, rame, iodio, fluoro, selenio, cromo, zolfo, manganese e selenio.
Tutti sono essenziali e la scienza moderna mostra in maniera determinante che anche se solo uno dei minerali dovesse venire a mancare, gli altri non potrebbero svolgere il proprio lavoro, andando alla lunga a danneggiare l'organismo.
Sono tutti importanti ma per gli sportivi un interesse particolare lo rivestono:
il FERRO: quale elemento chiave nella formazione dell'emoglobina, cioè la molecola che trasporta l'ossigeno nel sangue;
il POTASSIO: fondamentale nei processi di produzione energetica e di deposito del glicogeno, regolando anche la contrazione muscolare;
il SODIO: che è alla base dell'equilibrio idrico (insieme al potassio), inoltre attiva alcuni enzimi e contribuisce alla contrazione muscolare;
il FOSFORO: elemento indispensabile per la produzione energetica e per la sintesi dell'ATP che è la più importante e potente benzina del muscolo;
il MAGNESIO: spesso carente negli atleti, risulta essere alla base della produzione energetica nel muscolo e a molte regolazioni neuromuscolari legate a fenomeni di mancato recupero, sovrallenamento e nervosismo.
Risulta molto chiaro come i sali minerali siano vitali nell'attività sportiva e non solo, perché allenandosi si tende a dissiparli in maniera smodata, attraverso il sudore.Una carenza di minerali comporta inevitabilmente un calo di rendimento, rallentando la produzione energetica, la contrattilità muscolare e la concentrazione.
Se l'alimentazione non è sufficiente, l'unica alternativa è recuperarli attraverso specifici supplementi.
Tratto da : Optinum Sport Nutrition, Dr M. Colgan, Ed. Sporting Club Leonardo Da Vinci1996

Le vitamine

Le vitamine, molecole che l'organismo non può produrre, svolgono infinite funzioni e sono necessarie per costruire un corpo migliore. Sono in pratica dei biocatalizzatori, cioè degli elementi senza la cui presenza praticamente nessuna reazione chimica nel nostro corpo può avvenire correttamente.

L'assenza di vitamine nella dieta porta a stati patologici molto pericolosi, se poi la dieta in questione è quella di un atleta, il fabbisogno giornaliero di vitamine aumenta vertiginosamente, chiamando in causa l'integrazione che deve quindi intervenire per riequilibrare questa mancanza.Le vitamine vanno prese costantemente tutti i giorni e nelle giuste quantità.
Le vitamine sono suddivise in 2 grandi famiglie:
• le LIPOSOLUBILI (solubili nel grasso) : rappresentate dalla A, D, E e K;
• le IDROSOLUBILI (solubili nell'acqua) : composte dalla B1, B2, niacina, acido pantotenico, B6, biotina, acido folico, B12 e vit. C.
Nelle persone che si allenano intensamente aumenta notevolmente il fabbisogno di vitamine del gruppo B, la vitamina C ed E; sono infatti queste che permettono di ottimizzare il recupero e mantenere integro il sistema immunitario. Anche le altre non devono mancare se si vuole raggiungere la prestazione migliore!
Le vitamine vi permettono di potervi esprimere al 100% delle vostre capacità, ricordarsi che i miracoli e i risultati sono frutto di mesi e anni di sacrifici e rinunce.
Tratto da : Optinum Sport Nutrition, Dr M. Colgan, Ed. Sporting Club Leonardo Da Vinci1996

Vitamine, minerali e rendimento

Il lavoro della nutrizione è costruire un corpo migliore, attraverso un'alimentazione mirata al raggiungimento della performance ottimale.
Molte persone, nonostante tutto, sono spesso carenti di alcuni nutrienti in relazione alle necessità che emergono dal loro allenamento.Molti medici conservatori e dietologi continuano a spingere il mito della buona dieta mista come ottimale per tutti, che errore!Per contro ci sono i cosiddetti "guru" degli integratori che parlano di infinite variazioni e combinazioni di vitamine e minerali come carburante ergogenico esplosivo.Toglietevi dalla testa nozioni idiote. Il cibo non può provvedere alle vitamine e ai minerali sufficienti per coprire la domanda di un esercizio intenso. Bisogna utilizzare dei supplementi. Ma state attenti, assumere le vitamine e i minerali al di sopra dei livelli sufficienti per ottimizzare il metabolismo, la crescita dei tessuti e il loro mantenimento fa accelerare solamente il flusso dei guadagni dei produttori di integratori.Non mettete in bocca niente che non sia consono al proprio piano individuale, non serve a niente ingurgitare pillole e polveri a caso. Il programma dietetico va studiato in base alle proprie caratteristiche e occorrono mesi prima di vedere dei risultati.Il miracolo avviene centrando il proprio fabbisogno di nutrienti con la biochimica e l'allenamento, e associando alla miscela una dose giornaliera di sano sudore.Il primo passo è sempre quello di valutare la propria riserva di vitamine e minerali, prima di ingerire qualsiasi supplemento. Il sovraccarico è spesso più dannoso alla prestazione che una loro mancanza.Un altro punto focale è: ignorate le pubblicità a scopo di lucro che girano sul mercato! Come l'accelerazione del rendimento da vanadio, l'aumento dei livelli di testosterone da parte del boro o gli effetti anabolizzanti dello yohimba, ecc..Se controllate testi scientifici, vi accorgerete che sono tutte menzogne, se ascoltate la pubblicità non andrete mai da nessuna parte!Al contrario lasciate che la scienza sia la vostra guida. Se farete le cose per bene e vi allenerete correttamente, sarà più facile ottenere il corpo che avrete sempre desiderato, e i sogni diventeranno realtà…
Tratto da : Optinum Sport Nutrition, Dr M. Colgan, Ed. Sporting Club Leonardo Da Vinci1996.






I principali antiossidanti: funzioni e alimenti che li contengono

Antiossidante
Funzioni
Dove trovarlo
VITAMINA A
Svolge un ruolo antinfettivo e disintossicante. Favorisce la cicatrizzazione e interviene nei processi visivi.
Tuorlo d’uovo, fegato, pesce, latte intero, burro e formaggi, soprattutto stagionati
BETA CAROTENE
Svolge un ruolo importante nella crescita e nella rigenerazione dei tessuti
Carote, verdure gialle e a foglia verde scuro, zucca, albicocche, patate dolci e melone.
CAROTENOIDI
Neutralizzano i radicali liberi nelle membrane cellulari.
Zucca, carote, cocomero, peperone, pomodoro, albicocche, melone.
VITAMINA E
Agisce sinergicamente con il Selenio e rallenta l'invecchiamento cellulare. Aumenta la resistenza delle cellule alle infezioni e svolge un ruolo importante nella prevenzione di alcuni tipi di cancro.
Oli vegetali (arachidi, soia, mais, girasole ecc.), germe di grano, noci.
VITAMINA C
Neutralizza i radicali liberi nelle aree dell'organismo contenenti acqua. Stimola il sistema immunitario e riduce il rischio di infezioni. Preserva la salute di capillari e vasi sanguigni. Favorisce la cicatrizzazione. Partecipa alla formazione ed alla conservazione di cartilagini, capillari, ossa e denti. Interviene nell'assorbimento del ferro vegetale
Agrumi, ananas, kiwi, fragole, ciliegie, lattuga, radicchio, spinaci, broccoletti, cavoli, cavolfiori, pomodori, peperoni, patate.
POLIFENOLI (fenoli semplici, tannini e flavonoidi)
Proteggono la Vitamina C dall'ossidazione, migliorano il suo assorbimento e ne potenziano l'azione. Aiutano i capillari a mantenersi integri. Agiscono da agenti preventivi delle infezioni. Riducono il rischio di malattie cardiache e del fegato e, secondo la American Cancer Society, diminuiscono il rischio del cancro colon-rettale. Proteggono il sistema cardiovascolare e attivano gli antiossidanti naturalmente presenti nel nostro organismo.
Frutta e verdura fresca, tè verde, uva, vino, cacao e cioccolato fondente, olio di oliva spremuto a freddo.

Il fabbisogno giornaliero
Il dipartimento dell'agricoltura americano ha elaborato una scala chiamata ORAC (che sta per Capacità di Assorbimento  Radicale d’Ossigeno) che misura il livello degli antiossidanti negli alimenti.
È importante ricordare che ogni antiossidante ha un raggio d’azione limitato, è pertanto consigliabile assumere 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, se possibile di colori diversi, che apportano grossomodo 5000 unità ORAC, un quantitativo più che sufficiente per proteggersi dai radicali liberi.

Forse non sapevi che…
- La cottura in acqua e le alte temperature riducono e a volte distruggono i flavonoidi, è pertanto importante mangiare anche frutta e verdura cruda o cotta al vapore.
- Anche l’attività fisica intensa fa aumentare la produzione di radicali liberi, ma al tempo stesso potenzia considerevolmente l’attività degli antiossidanti naturalmente presenti nel corpo, che sono così in grado di contrastare i radicali liberi in maniera molto più efficace.

Integratori antiossidanti: flavonoidi
Gli integratori di flavonoidi agiscono come potente antiossidante tramite una significativa protezione contro il danno ossidativo e da radicali liberi.
Alcune buone fonti di flavonoidi negli alimenti sono agrumi, bacche, cipolle, prezzemolo, legumi, tè verde e vino rosso.
I flavonoidi sono un gruppo di pigmenti vegetali responsabili in gran parte del colore di molti frutti e fiori. Molte delle azioni terapeutiche di alimenti, succhi, erbe e polline d'api, infatti, sono direttamente legate al contenuto di flavonoidi.
In base alla loro struttura chimica sono stati caratterizzati e classificati oltre 4000 composti flavonoidi anche se per semplificare viene fatta la seguente suddivisone:
PCO, quercetina, bioflavonoidi di agrumi, polifenoli del tè verde.
Come classe di composti, i flavonoidi sono stati definiti come dei modificatori della risposta biologica della natura grazie alla loro capacità di modificare la reazione dell'organismo ad altri composti, come allergeni, virus e carcinogeni, il tutto evidenziato dalle proprietà antinfiammatorie, antiallergiche, antivirali e anticarcinogeniche.
Gli integratori di flavonoidi aiutano a prevenire la formazione di colesterolo ossidato dato un effetto antiossidante simile a quello delle vitamine C ed E anche se più potente...


lunedì 5 gennaio 2015

Integratori alimentari per il miglioramento della composizione corporea e la riduzione del peso corporeo - GLI STUDI

Dietary Supplements for Improving Body Composition
and Reducing Body Weight: Where Is the Evidence?

Integratori alimentari per il miglioramento della composizione corporea e la riduzione del peso corporeo: dove sono le prove?

TUTTE LE INDICAZIONI E GLI STUDI IN QUESTO REVIEW (in lingua inglese)





  • che cosa è efficace e cosa no
  • che dicono gli studi
  • efficacia reale 
  • quali, se ci sono, le controindicazioni


ECCO UNA TABELLA MOLTO UTILE:


La tabella divide gli integratori  per la costruzione del muscolo da quelli per la perdita di peso e quelli che aumentano la performance; mentre la scala a sinistra pone l’enfasi sulla loro “efficacia/pericolosità” .

Contano anche le quantità, ovviamente. Soprattutto loro! Quindi consiglio di diffidare dei prodotti con troppi ingredienti...perchè tanto..a cosa serve se ognuno di loro è ipersottodosato, e magari pure inutile?

domenica 28 dicembre 2014

VITAMINA D: dalla profilassi per il rachitismo alla prevenzione generale per la salute

ABSTRACT

La vitamina D ha ricevuto molta attenzione recentemente, come risulta dal rapidissimo aumento del numero di pubblicazioni che la riguardano. Tali pubblicazioni dimostrano come la vitamina D svolga un ruolo cruciale in un grande numero di funzioni fisiologiche e come la carenza di vitamina D sia stata associata a molte malattie acute e croniche, compresi i disturbi del metabolismo del calcio, le malattie autoimmuni, alcuni tipi di cancro, il diabete mellito tipo 2, le malattie cardiovascolari e le malattie infettive. I dati più recenti sulla vitamina D da studi osservazionali sperimentali, ambientali, case-control, retrospettivi e prospettici, così come un numero minore di studi interventistici, sono significativi e confermano il ruolo essenziale della vitamina del sole in una varietà di funzioni fisiologiche e preventive. I risultati di questi studi giustificano la raccomandazione di migliorare lo stato generale della vitamina D nei bambini e negli adulti tramite un sano approccio alla esposizione alla luce solare, il consumo di alimenti contenenti vitamina D e la supplementazione con la vitamina D. In generale, una maggiore attenzione dovrebbe essere data alla carenza di vitamina D nella pratica medica e farmaceutica di quanto sia avvenuto fino a questo momento.

INTRODUZIONE

Dalla scoperta del suo effetto antirachitico nel 1920, la vitamina del sole per molti anni è stata vista solo in relazione alla sua funzione sul calcio e sul metabolismo osseo.
Una moltitudine di risultati delle ricerche degli ultimi anni ha dimostrato che la vitamina D nella sua forma ormonale attiva, 1α,25 – diidrossivitamina D [1α,25(OH)2D; calcitriolo] non è solo un regolatore del calcio e dell’omeostasi del fosfato, ma  ha  numerosi effetti extra-scheletrici. 
Questi includono l’impatto significativo dell’ormone vitamina D sul sistema cardiovascolare, sistema nervoso centrale, sistema endocrino e sistema immunitario, così come sul differenziamento cellulare e sulla crescita cellulare. 1α,25(OH)2D manifesta i suoi diversi effetti biologici
legandosi al recettore della vitamina D (VDR) presente nella maggior parte delle cellule del corpo. 
I recettori della vitamina D sono stati trovati in oltre 35 tessuti che non sono coinvolti nel metabolismo osseo. Questi includono cellule endoteliali, cellule delle isole pancreatiche,  cellule ematopoietiche , cellule cardiache e del muscolo scheletrico, monociti, neuroni, cellule
placentari e linfociti T. Si stima che l’attivazione del VDR possa regolare direttamente e /o indirettamente un grandissimo numero di geni ( 0.5-5 % del totale del genoma umano cioè, 100-
1250 geni ). Il fatto che il recettore della vitamina D (VDR) sia espresso in molti tessuti implica il notevole effetto pleiotropico dell’ormone vitamina D.



RISCHI PER LA SALUTE: DEFICIENZA DI VITAMINA D



Secondo recenti studi, la carenza di vitamina D [sierici di 25 (OH)D < 20 ng/ml] è probabile che sia un importante fattore eziologico nella patogenesi di molte malattie croniche. 
Queste includono malattie autoimmuni (ad esempio, sclerosi multipla, diabete di tipo 1), malattie infiammatorie dell’intestino ( es. malattia di Crohn ), infezioni (come infezioni del tratto respiratorio superiore), immunodeficienza, malattie cardiovascolari (ad esempio, ipertensione, insufficienza cardiaca, morte cardiaca improvvisa), cancro (ad esempio, il cancro del colon, cancro del seno, linfoma non-Hodgkin) e disturbi neurocognitivi (ad esempio, morbo di Alzheimer).
Gli attuali risultati dello studio ESTHER , uno studio a livello nazionale dal Saarland, coinvolgendo circa 10.000 donne e uomini, di eta’ compresa tre 50 e 74 anni, nel quale il livello D 25(OH) è stato misurato, ha mostrato che la carenza di vitamina D ha aumentato in maniera significativa la mortalita’ generale e cardiovascolare attraverso un follow-up medio di 9,5 anni. 
I livelli di 25(OH) e la mortalità globale hanno mostrato una marcata associazione non lineare inversa con un aumento del rischio a partire da livelli 25(OH)D inferiori a 75 nmol/l (<30 ng/ml). La carenza di vitamina D è stata associata con un aumento statisticamente significativo della mortalità per cancro e un tasso di mortalità più elevato per malattie respiratorie (…)

MALATTIE AUTOIMMUNI: 

ARTRITE REUMATOIDE, MALATTIE INFIAMMATORIE INTESTINALI, SCLEROSI MULTIPLA. 
Oltre alle malattie infettive, la vitamina D svolge un ruolo attivo nella fisiopatologia delle malattie autoimmuni. Questo è ulteriormente supportato da vari risultati sperimentali che mostrano la capacità della vitamina D di regolare la produzione di chemiochine, contrastando l’infiammazione autoimmune per indurre la differenziazione delle cellule immunitarie in modo da promuovere la auto-tolleranza.
Ciò implica il potenziamento del sistema immunitario innato e l’inibizione di quello umorale, regolando le interazioni fra linfociti e cellule che presentano l’antigene. 
Aumentando la quantità di linfociti TH2 e inducendo la proliferazione di cellule dendritiche con proprietà di tolleranza, la vitamina D esercita attività anti-infiammatoria e di immunoregolazione.


L’aumento della prevalenza delle malattie autoimmuni a latitudini più alte è stato dimostrato per la sclerosi multipla, la malattia infiammatoria intestinale, l’artrite reumatoide e il diabete di tipo 1 (…) La malattia infiammatoria intestinale (IBD) è associata con l’industrializzazione, e la sua incidenza è aumentata notevolmente col tempo. 

Una review nel 2013 ha descritto una serie di dati convergenti che suggeriscono che l’attivazione locale della vitamina D regola sia l’immunità naturale che quella umorale, e anche quella intestinale, in modo tale da promuoverne l’integrità della barriera, facilitare l’eliminazione della flora trasportata, e impedire lo sviluppo delle cellule T CD4 verso il fenotipo infiammatorio.
In un piccolo studio in doppio cieco, controllato con placebo, randomizzato, sono stati valutati i benefici del trattamento orale con vitamina D3 su 108 pazienti affetti dalla malattia di Crohn in remissione. La supplementazione di vitamina D3 (1200 UI/die) ha aumentato significativamente il livello nel siero 25(OH)D3 da un valore medio di 69 nmol/l a 96 nmol/l dopo 3 mesi. 
Il tasso di ricaduta era più basso tra i pazienti trattati con vitamina D3 rispetto ai pazienti trattati con placebo.

In uno studio pilota pubblicato recentemente, l’influenza della supplementazione di vitamina D3 per l’indice di attività della malattia di Crohn (CDAI) è stato testato in pazienti con lieve-moderato morbo di Crohn. La terapia orale di vitamina D3 è stata iniziata a 1000 UI/die e dopo 2 settimane , la dose è stata aumentata gradualmente fino al punto che le concentrazioni sieriche dei pazienti hanno raggiunto 40 ng/ml 25( OH) o per un massimo di 5000 ui al giorno. 
La supplementazione di vitamina D ha aumentato significativamente i livelli sierici di 25 (OH) D3 da
16 ± 10 ng/ml a 45 ± 19 ng/ml e ha ridotto i punteggi medi CDAI di 112 ± 81 da 230 ± 74 – 118 ±
66. I punteggi della qualità della vita sono migliorati anche a seguito della somministrazione di vitamina D.

E’ particolarmente degno di nota che i topi transgenici VDR e deficienti in vitamina D, hanno un aumento delle cellule T che sono state implicate nella eziopatologia della IBD (malattia infiammatoria intestiale) e SM (sclerosi multipla). 1α,25(OH)2D direttamente e indirettamente deprime la funzione di queste cellule T patogene, e nello stesso tempo induce una serie di cellule T regolatorie che inibiscono lo sviluppo di IBD e SM (sclerosi multipla).
Tuttavia, le evidenze attuali suggeriscono che il miglioramento del livello 25(OH)D e /o l’ utilizzo di
agonisti del recettore della vitamina D potrebbero essere utili nel trattamento della SM e IBD.

Anche se l’origine autoimmune della  sclerosi multipla (SM) è sempre più discussa, non c’è alcun dubbio sull’importante ruolo che la vitamina D svolge nello sviluppo e nella progressione della sclerosi multipla. L’evidenza epidemiologica sostiene un’associazione tra la vitamina D e la suscettibilità e la gravità delle malattie autoimmuni. Nel caso specifico della sclerosi multipla, correlazioni di bassa prevalenza di SM, attività e mortalità con alti livelli di vitamina D hanno portato all’ipotesi che alti livelli di vitamina D potrebbero essere benefici per la SM.  
Più convincente, il rischio di ricaduta si e ridotto del 12% per ogni aumento di 10 nmol/l (4 ng / mL) nel siero 25(OH)D in uno studio prospettico basato sulla popolazione. 

Uno studio affrontando gli effetti della vitamina D nella sclerosi multipla ha mostrato la sicurezza di alte dosi di vitamina D  (~ 14 000 UI/die). 
Sembrava avere effetti immunomodulatori, incluso una riduzione persistente nella proliferazione delle cellule T e ha portato a una tendenza con meno eventi di ricaduta. 
Quando si esamina l’associazione tra i livelli sierici 25 (OH) e il tasso di ricaduta in pazienti con la sclerosi multipla, prima e dopo l’integrazione, con circa 3000 UI di vitamina D al giorno, una significativa e convincete relazione inversa è stata trovata. 
Tuttavia, ci sono ancora dubbi clinici irrisolti in relazione all’ effetto della somministrazione di vitamina D e la sclerosi multipla (…) 
Le prove per la vitamina D come trattamento per la SM sono non conclusive. 
Degli studi più approfonditi serviranno per valutare l’effetto della vit D sui risultati clinici in pazienti con la SM.


Commento: 

Ci sono motivi per credere che la vitamina D possa essere un fattore ambientale che gioca un ruolo cruciale nello sviluppo di diverse malattie autoimmuni. 
Appare ragionevole mantenere un status 25 (OH) D sano, specialmente nei pazienti con artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali (IBD) e sclerosi multipla (SM), soprattutto durante l’inverno [25(OH) D, valore target: 40-60 ng/ml o 100-150 nmol /L]”.


Questa review è stata pubblicata su PubMeD. 
PubMed è un sito di servizio della U.S National Library of Medicine (la più grande biblioteca medica del mondo) che nasce dall’esigenza di molti medici di avere scambio scientifico e facile acceso ai lavori dei propri colleghi. 
Fonte:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3908963/Vitamin D. 
Update 2013: From rickets prophylaxis to general preventive healthcare;
Traduzione:  eusuntanna@gmail.com


mercoledì 5 novembre 2014

Correlazione tra l'assunzione di Omega 3 e la pressione sanguigna

Gli Omega 3 contenuti nel pesce e/o negli specifici integratori sono in grado di contribuire alla riduzione della pressione sanguigna.


L’entità di questo effetto è pari, o addirittura maggiore, a quella che si riscontra quando si riduce il consumo di alcol, di sale e viene incrementata l’attività fisica.
Il consumo giornaliero di EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico), abbinato ad un corretto stile di vita (soprattutto alimentare),  aiuta a limitare - o consente talvolta di sospendere - l’uso dei farmaci per il controllo della pressione.
Sono le conclusioni cui giunge una ricerca condotta presso il Center for Epidemiology, Biostatistics and Computational Biology, in Colorado (USA). Si tratta di una metanalisi, cioè di uno studio che prende in esame i risultati di numerosi trial clinici, che è stato pubblicato sull’American Journal of Hypertension.

L’ipertensione quasi sempre è dovuta a uno stile di vita inadeguato.



La pressione sanguigna elevata - o ipertensione - affligge in Italia circa il 33% degli uomini e il 31% delle donne, e può contribuire all’insorgenza di coronaropatie e insufficienza cardiaca.
Si considera elevata una pressione “massima” che supera i 140 mmHg (millimetri di mercurio) e una “minima” sopra i 90 mmHg.
La maggior parte dei casi d’ipertensione è causata da stili di vita non adeguati. Fattori di rischio sono l’abuso di alcol, la sedentarietà, il fumo e lo stress.

Effetti maggiori sui pazienti ipertesi
Lo studio ha preso in esame 70 trial (studi) condotti su adulti cui sono stato somministrati EPA + DHA in forma di integratori, o di pesce, per più di 3 settimane, confrontati con soggetti cui è stato somministrato un placebo.
Alcuni dei soggetti coinvolti soffrivano di pressione alta ma non assumevano farmaci, altri invece avevano la pressione sanguigna nella norma.
Rispetto al gruppo placebo, il consumo di EPA e DHA ha comportato un calo medio della pressione massima di 1,52 mmHg e minima di 0,99 mmHg in tutti i soggetti trattati.
Gli effetti più significativi del trattamento sono stati osservati però negli adulti ipertesi in cui la diminuzione media della pressione massima è stata di 4,51 mmHg e di 3,05 mmHg della minima.
Anche i normotesi hanno beneficiato del trattamento, manifestando una riduzione della pressione arteriosa massima di 1,25 mmHg e minima di 0,62 mmHg .
Una riduzione della pressione massima di 1,75 mmHg e di quella minima di 1,11 mmHg è stata evidenziata inoltre tra i soggetti che assumevano integratori a base di olio di pesce, indipendentemente dallo stato della pressione sanguigna iniziale.
I risultati osservati nei pazienti ipertesi si sono rivelati gli stessi, se non maggiori in alcuni casi, degli effetti di uno stile di vita adeguato. Studi precedenti hanno mostrato infatti che riducendo i consumo di sale la pressione sistolica diminuiva del 3,6 mmHg, aumentando l’attività fisica del 4,6 mmHg e riducendo il consumo di alcol del 3,9 mmHg.
(da notare il fatto che non venga presa in considerazione la riduzione dei carboidrati: sicuramente il cambiamento che comporta i risultati più eclatanti).


EPA e DHA riducono la pressione sanguigna
Complessivamente i dati indicano che l’assunzione di almeno 2 gr di EPA + DHA al giorno può ridurre la pressione sanguigna con benefici maggiori tra gli individui ipertesi che non usano farmaci antipertensivi.
Una dose più bassa (tra 1 e 2 gr al giorno) può ridurre la pressione massima ma non la minima.
Secondo i ricercatori l’effetto sulla pressione da parte degli Omega 3 sarebbe dovuto alla capacità di regolare le funzioni dell’endotelio, cioè il sottile strato di cellule che riveste l’interno dei vasi sanguigni.
L’endotelio possiede un ruolo centrale nella regolazione della pressione arteriosa.
Studi recenti hanno infatti registrato un miglioramento della funzione endoteliale in risposta all’assunzione di EPA e DHA in soggetti con ipertensione e a rischio di patologie cardiovascolari.
Questi risultati hanno un’importante rilevanza clinica: la riduzione di 2 mm Hg della pressione riduce il rischio della mortalità per ictus del  6%, di quella per malattie cardiache del 4%, e la mortalità in generale del 7%.

Fonte: Paige E. Miller,Mary Van Elswyk, and Dominik D. Alexander .  “Long-Chain Omega-3 Fatty Acids Eicosapentaenoic Acid and Docosahexaenoic Acid and Blood Pressure: A Meta-Analysis of Randomized Controlled Trials” Am J Hypertens (2014) doi: 10.1093/ajh/hpu024 First published online: March 6, 2014


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giovedì 30 ottobre 2014

Ricerca: Omega-3 riducono ansia e infiammazione

Un sano apporto di grassi omega 3 riduce significativamente l’infiammazione, i sintomi ansiosi e lo stress psicologico.


Gli acidi grassi essenziali Omega-3 sono noti per il loro uso nel controllo del colesterolo e altri fattori predisponenti le malattie cardiovascolari. Contenuti in diversi alimenti e in integratori a base di olio di pesce, secondo un nuovo studio, possono ridurre significativamente sia l’infiammazione dell’organismo che i sintomi dell’ansia e dello stress psicologico.

Quando l’organismo viene attaccato da agenti esterni o interni nocivi reagisce con un’infiammazione caratterizzata dall’elevata presenza di sostanze chiamate citochine. Gli omega-3, secondo quanto riportato dalla rivista Brain, Behaviour and Immunity su cui è stato pubblicato lo studio, sono in grado di ridurre il livello di citochine. La presenza di queste sostanze, che promuoverebbero l’infiammazione è anche stata collegata all’ansia e allo stress psicologico. Abbassando così il livello di citochine, i ricercatori dell’Università dell’Ohio intendevano appurare se si abbassava anche il livello di ansia.

Per valutare le loro ipotesi, i ricercatori hanno coinvolto un gruppo di 68 studenti in medicina. Questi sono stati poi suddivisi in due gruppi per ricevere rispettivamente un integratore a base di olio di pesce – che conteneva circa 4-5 volte la quantità di olio di pesce che si ricaverebbe da una porzione di salmone – o un palcebo.
«Abbiamo ipotizzato che la somministrazione ad alcuni studenti di supplementi omega-3 farebbe diminuire la loro produzione di citochine proinfiammatorie, rispetto ad altri studenti che hanno ricevuto solo un placebo», spiega Janice Kiecolt-Glaser, professore di psichiatria. E i risultati le hanno dato ragione: difatti quelli che avevano ricevuto gli omega-3 hanno mostrato una riduzione del 20% di ansia, stress e disagio psicologico rispetto al gruppo placebo.

«Pensavamo che gli omega-3 potessero ridurre lo stress indotto dall’aumento di citochine che di norma, nei test, vengono prodotte dal nervosismo», ha aggiunto la ricercatrice spiegando il perché si è voluto incentrare l’attenzione su questo aspetto.
Tuttavia, anche se lo studio ha suggerito che l’uso di omega-3 può essere d’aiuto nel ridurre i sintomi dovuti a stress psicologico, «potrebbe essere troppo presto per raccomandare un ampio utilizzo di integratori di omega-3 per tutte le persone, specialmente considerando il costo e la limitata offerta di pesce necessari per fornire l’olio», ha sottolineato Marta Belury coautrice dello studio.

http://www.lastampa.it/2011/07/15/scienza/benessere/medicina/omega-riducono-ansia-e-infiammazione-RG7sJdCkcJBU9i4mexhSmK/pagina.html?exp=1

martedì 30 settembre 2014

Livelli di Vitamina D: mortalità, malattie cardiovascolari, malattie respiratorie, tumori e fratture.

La vitamina D è stata associata a molte condizioni di salute, ma le concentrazioni ematiche ottimali sono ancora incerte. I ricercatori protagonisti di questo recentissimo studio prospettico durato 13 anni hanno esaminato il rapporto prospettico tra i livelli sierici di 25-idrossivitamina D [25(OH)D3 e 25(OH)D2] e successiva mortalità in generale ed alcune malattie in uno studio prospettico di popolazione.
Sono state misurate le concentrazioni sieriche di vitamina D in 14.641 uomini e donne di età compresa tra 42 anni e 82 anni tra il 1997 ed il 2000, che vivevano a Norfolk, Regno Unito. I partecipanti sono stati seguiti fino al 2012. Questi sono stati assegnati a 5 gruppi in base ai livelli sierici basali di vitamina D ( inferiore a 30, tra 30 e 50. tra 50 e 70, tra 70 e 90 ed oltre 90 nmol/L).
I dati sono stati corretti statisticamente per età, sesso, tutte le cause di mortalità (2.776 morti), i dati sono stati ulteriormente aggiustati inserendo altre variabili che influenzano i parametri di salute misurati: indice di massa corporeo, il fumo, la classe sociale, l’educazione, l’attività fisica, assunzione di alcol, livelli plasmatici di vitamina C, storia di malattie cardiovascolari, diabete, o cancro.

Le conclusioni sono state le seguenti: concentrazioni alte di 25(OH)D sono associate a minore mortalità totale, malattie cardiovascolari, respiratorie e fratture ma non al cancro. Per quanto riguarda la mortalità, i rischi più bassi erano in soggetti con concentrazioni di 90 nmol/L, e non vi era alcuna evidenza di un aumento della mortalità a concentrazioni più alte, suggerendo che un moderato aumento delle concentrazioni medie nella popolazione potrebbero avere un potenziale beneficio per la salute. Solo l’1% della popolazione aveva concentrazioni di 120 nmol/L.

Riferimento:
Clin Nutr doi: 10.3945/ajcn.114.086413.Serum 25-hydroxyvitamin D, mortality, and incident cardiovascular disease, respiratory disease, cancers, and fractures: a 13-y prospective population study1–4AJCN. First published ahead of print September 17, 2014 as doi: 10.3945/ajcn.114.086413Kay-Tee Khaw, Robert Luben, and Nicholas Wareham


La carenza di vitamina D: è un marker e non un fattore di rischio nelle malattie cardiovascolari

Studi epidemiologici e le tante notizie sui media suggeriscono che la carenza di vitamina D, stimata misurando 25-idrossivitamina D nel sangue, è legata ad un aumento del rischio di cardiopatia ischemica e ictus. Tuttavia, gli studi clinici randomizzati per verificare se effettivamente la supplementazione di vitamina D riduca il rischio di queste malattie sono stati sorprendentemente deludenti, ma non si capisce perché. Per provare a rispondere a questa domanda, Ooi et al. hanno verificato se la carenza di vitamina D causasse un profilo lipidico negativo (che a sua volta causa malattie cardiache o ictus) o viceversa.

Ooi et al. hanno utilizzato in modo intelligente i dati del Copenhagen General Population Study e del Copenhagen City Heart Study per verificare se precedentemente fossero state stabilite influenze genetiche per elevati livelli dei lipidi aterogeni la diminuzione delle lipoproteine ad alta densità (HDL) a determinare i bassi livelli di 25-idrossivitamina D. I ricercatori hanno inoltre esaminato la questione opposta: se il fattore genetico che tiene la vitamina D bassa possa influire sui lipidi aterogeni e l’HDL. Ebbene i ricercatori hanno scoperto che fattori genetici per il colesterolo hanno predetto in modo significativamente preciso i livelli di 25-idrossivitamina D. Ogni raddoppio dei livelli dei lipidi aterogeni era significativamente associato con più bassi livelli di 25-idrossivitamina D, anche se livelli di HDL bassi per fattori genetici sono stati associati con una maggiore livello di 25-idrossivitamina D. Tuttavia, in stridente contrasto con il dato precedente, livelli bassi di 25-idrossivitamina D genetici non hanno predetto concentrazioni alte di lipidi aterogeni. I ricercatori hanno dunque concluso che i lipidi aterogeni elevati, associati a malattie cardiache ed a ictus, HDL escluso, contribuiscono ai bassi livelli di 25-idrossivitamina D e non viceversa!

Lo studio ha certamente dei limiti, ma è rafforzato dalla dimensione del campione (85.868 soggetti) e da approcci analitici conservatori. Questi risultati suggeriscono che bassi livelli di 25-idrossivitamina D sono semplicemente un marcatore secondario per i lipidi aterogeni elevati, pertanto questo studio (randomizzato) solleva seri dubbi circa il valore della supplementazione di vitamina D per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Riferimento:
E. M. Ooi et al., Elevated remnant cholesterol in 25-hydroxyvitamin D deficiency in the general population: A Mendelian randomization study. Circ. Cardiovasc. Genet. 10.1161/CIRCGENETICS.113.000416 (2014). [Abstract]
Copyright © 2014, American Association for the Advancement of Science
Citation: E. Price, Vitamin D—A Passenger, Not a Driver in Cardiovascular Disease. Sci. Transl. Med. 6, 254ec160 (2014).
Sci Transl Med 17 September 2014:
Vol. 6, Issue 254, p. 254ec160
Sci. Transl. Med. DOI: 10.1126/scitranslmed.3010408


Tratto da: evolutamente.it